La vera storia di Cam*, il nostro Riccio
Tanti anni fa con altri Villanovesi appassionati della bellezza del territorio, soprattutto delle valli e colline della frazione Savi, creammo un gruppo, che chiamammo “Antichi sentieri”. Il nome fu coniato, dopo alcuni incontri tra la decina di persone che avevano a cuore la natura del territorio villanovese. Trovato il nome si decise di pensare ad un logo e io suggerì un riccio, piccolo mammifero timido e gentile, che spesso avevo avuto il piacere di incontrare durante le passeggiate in campagna.
Trovai un disegno su un bel libro che catalogava i mammiferi italiani. Il colore era Grigio e quello scegliemmo, anche perché si trattava di un’associazione culturale “seria” e il grigio vestiva bene, per la “mission” del gruppo.
Tra le varie attività si iniziarono anche a organizzare alcune passeggiate nei luoghi più interessanti del territorio villanovese. Da lì il passo fu breve e nel 2001 nacque Camminare lentamente, come gruppo associato al Circolo Maria Minelli (ideato da Francesco Tessiore) e la passeggiata del Traversola.
Serviva però un logo per il nuovo gruppo…
la ricerca fu breve, perché il riccio non usciva dalla mia mente bacata.
Mi ricordavo, riminiscenze scolastiche, di un breve racconto su simpatici ricci che raccolgono mele, lo cercai su un’enciclopedia (ancora non si usava la rete internet) e scopri che l’autore era Antonio Gramsci!! Proprio lui.
Nulla di più significativo per consolidare le nostre radici e dare al gruppo quella prospettiva e quegli obiettivi che lo avrebbero accompagnato per sempre: l’amore per il territorio e per tutti i suoi esseri, la voglia di stare insieme e soprattutto l’impegno per un mondo di pace, più giusto e sostenibile.
Lettera VII L’albero del riccio
Ecco dunque come ho visto i ricci fare la raccolta delle mele. Una sera d’autunno, quando era già buio, ma splendeva luminosa la luna, sono andato con un altro ragazzo, mio amico, in un campo pieno di alberi da frutta, specialmente di meli. Ci siamo nascosti in un cespuglio, contro vento. Ecco, a un tratto, sbucano i ricci, cinque: due piú grossi e tre piccolini. In fila indiana si sono avviati verso i meli, hanno girellato tra l’erba e poi si sono messi al lavoro: aiutandosi coi musetti e con le gambette, facevano ruzzolare le mele, che il vento aveva staccato dagli alberi, e le raccoglievano insieme in uno spiazzetto, ben bene vicine una all’altra. Ma le mele giacenti per terra si vede che non bastavano; il riccio piú grande, col muso per aria, si guardò attorno, scelse un albero molto curvo e si arrampicò, seguito da sua moglie. Si posarono su un ramo carico e incominciarono a dondolarsi, ritmicamente: i loro movimenti si comunicarono al ramo, che oscillò sempre piú spesso, con scosse brusche, e molte altre mele caddero per terra. Radunate anche queste vicino alle altre, tutti i ricci, grandi e piccoli, si arrotolarono con gli aculei irti, e si sdraiarono sui frutti, che rimanevano infilzati: c’era chi aveva poche mele infilzate (i riccetti), ma il padre e la madre erano riusciti a infilzare sette o otto mele per ciascuno…
*Khem in egizio, terra nera, fertile, come il limo scuro delle inondazioni del Nilo